Giurisprudenza annotata

5.2. Corte costituzionale, ord. 6/2/2009, n. 35


Abstract


1. Premessa.

Oggetto della presente decisione è la domanda proposta dal convivente di disabile in condizioni di gravità nei confronti dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS) per ottenere il riconoscimento del diritto ad usufruire, per l’anno 2007, dei permessi mensili.

In particolare, la questione tratta dell’ampliamento della sfera dei beneficiari dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, co. 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” con l'inserimento tra questi del convivente more uxorio del disabile, al fine di garantirne la tutela e favorirne l'assistenza.

La Corte costituzionale a causa della carente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, che ha comportato un difetto di motivazione in ordine alla rilevanza, preclude l'esame nel merito della presente questione di legittimità costituzionale e, pertanto, dichiara la manifesta inammissibilità.

 

 

2. La questione.

 

Il Tribunale di Savona, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 9 aprile 2008, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, co. 3, della l. n. 104 del 1992, nella parte in cui non prevede il convivente more uxorio fra i soggetti beneficiari del permesso mensile retribuito, riservandolo in via esclusiva ai parenti ed affini entro il terzo grado del disabile.

Sono intervenuti in giudizio:

- l’INPS chiedendo che la questione sia dichiarata infondata in quanto l'esclusione dei conviventi more uxorio dall'elenco dei soggetti beneficiari dei permessi retribuiti troverebbe una ragionevole giustificazione nel fatto che detto beneficio deve essere riconosciuto «a categorie di persone legate da solidi e certi legami familiari che non possono essere che quelli derivanti dall'appartenere alla cerchia dei familiari legittimi» e che, in particolare, il beneficio in questione, avente «carattere meramente patrimoniale», non può essere ascritto tra i diritti fondamentali dell'uomo, di cui all'art. 2 Cost., né dal suo mancato riconoscimento potrebbe conseguire la violazione del diritto alla salute del disabile, perché del suddetto beneficio potrebbero comunque usufruirne parenti ed affini, circostanza quest'ultima non accertata nel caso di specie;

- il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Inoltre, a parere della difesa erariale, la norma censurata non sarebbe irragionevole, posto che, da un lato, «l'attività di assistenza viene prestata in base a specifici obblighi giuridici, e non solo in base a vincoli di affetto e di solidarietà», e, dall'altro, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la «distinta considerazione costituzionale della convivenza more uxorio e del rapporto coniugale» comporta l'impossibilità di «configurare come costituzionalmente necessaria una tutela del rapporto di convivenza che conduca ad una identità delle due posizioni».

 

 

3. La decisione.   

 

La Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, co. 3, legge n. 104/1992, sollevata dal Tribunale di Savona, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost., considerando che il giudice a quo nel chiedere un ampliamento della sfera dei beneficiari dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, co. 3, della l. n. 104 del 1992 omette di fornire ulteriori precisazioni circa la consistenza del nucleo familiare del disabile e di riferire se questi abbia parenti o affini entro il terzo grado conviventi ed idonei a provvedere alla sua assistenza ed a garantirgli il diritto alla salute e, inoltre, non ha adeguatamente motivato in merito all'asserita violazione degli artt. 2 e 32 Cost.

 

 

4. I problemi aperti.

 

Nonostante la pronuncia di inammissibilità, rimane sullo sfondo della decisione la questione relativa all’esatta determinazione dell’ambito soggettivo d’applicazione di quella normativa che attua gli artt.  32 e 38 della Costituzione.

L’applicazione del sistema di assistenza dell’art. 38 Cost., sembra infatti, articolarsi in via primaria attorno la famiglia nucleare per poi diramarsi progressivamente a fronte di specifici interventi del legislatore o della Corte costituzionale che ampliano la platea dei soggetti oltre tale ambito. 

A tal proposito pare opportuno richiamare la pur recente sentenza della Corte costituzionale del 26 gennaio 2009, n. 19 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, co. 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.  

Pertanto in una prospettiva di giustizia sostanziale a fronte dell’importanza dei diritti di assistenza e di quello alla salute che non sempre possono essere compressi in attesa di una pronuncia della Corte costituzionale, sembrerebbe essere sempre più urgente una definizione normativa generale che individui in maniera preventiva l’ambito familiare e le situazioni ad esso equiparabili anche al di fine razionalizzare e rendere preventivamente qualificabili gli oneri derivanti da futuri interventi nella materia.

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