Giurisprudenza annotata

21.3. Corte di Giustizia – Sez. III, 10 settembre 2009, C-573/07


Abstract


Con la sentenza in rassegna la Corte di Giustizia torna sul tema dell’in house providing, elaborando “direttive” che delineano un margine di manovra per gli affidamenti diretti più ampio rispetto al recente passato. In particolare, nella pronuncia, attenuandosi la nota rigidità dei requisiti che legittimano l’elusione delle procedure di gara, viene specificato che, ai fini dell’assegnazione diretta dell’appalto, è sufficiente che al momento del contratto il capitale della società beneficiaria sia interamente detenuto dall’amministrazione aggiudicatrice, da sola o con altre autorità pubbliche. Ciò posto, l’apertura del capitale sociale ad investitori privati può essere presa in considerazione solo se al momento dell’appalto esista una prospettiva concreta e a breve termine di siffatta apertura: la mera possibilità per i privati di partecipare al capitale della società in house non risulta dunque sufficiente per concludere che la condizione relativa al controllo dell’autorità pubblica non sia soddisfatta.Una ulteriore rivisitazione dei precedenti requisiti è inoltre effettuata sul tema dell’attività accessoria rispetto al core business pubblicistico. In tal senso la Corte chiarisce che qualora accanto alle prestazioni principali si accerti la sussistenza di un’attività ultronea ma comunque poco consistente, si potrà escludere che la società in house abbia una vocazione commerciale in grado di rendere precario il controllo degli enti di riferimento.

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Riferimenti bibliografici





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