Abstract
Il discrimen che separa il diritto dalla letteratura è lo spazio entro cui indagare i rapporti che legano e possono accomunare la sensibilità giuridica e quella letteraria, e ad un tempo riscoprire l’humanitas di questa scienza sociale: occorre perciò tendere a quell’«immaginario giuridico», così come proposto dal sociologo Arnaud, che viene alla luce dalla fluente e mutevole realtà della dottrina, della giurisprudenza, degli usi e dei costumi.
Come suggerisce anche François Ost (Mosè, Eschilo, Sofocle. All’origine dell'immaginario giuridico, 2007) il diritto non è mera sussunzione dei fatti secondo i rigidi formulari imposti dalle norme giuridiche, ma è anche esposizione controllata, adeguata, esatta delle vicende, opportunamente inquadrate entro le due principali coordinate dell’azione, lo spazio e il tempo. L’analisi del diritto attraverso il mondo letterario inducono a favorire un rinnovamento del linguaggio giuridico in termini di efficacia, immediatezza, ma anche di apertura alla dimensione umana.
Quanto detto non vale anche e soprattutto per quel particolare diritto, quello amministrativo, dove maggiormente il linguaggio burocratico ha generato il distacco nei rapporti tra amministratore e cittadino?
D'altra parte è attuale l'ammonimento di Calamandrei contro il «pericolo dell'assuefazione, della indifferenza burocratica, della irresponsabilità anonima» che riduce la persona «ad un incartamento sotto copertina, che racchiude molti fogli protocollati, e in mezzo ad essi un uomo disseccato» (Processo e democrazia,1954).
Il presente lavoro svolge un excursus storico e metodologico sui rapporti che intrecciano diritto e letteratura come ambiti di un sapere comune. Sulla base di queste relazioni, si medita, in chiave interdisciplinare, sull’apporto che l'analisi linguistica può fornire alla scienza giuridica per il superamento e la semplificazione dell'anacronistico linguaggio del diritto amministrativo, sempre più lontano dalla realtà del cittadino e teso spesso ad una mera attività autoreferenziale.
Nelle riflessioni critiche conclusive sono svolti alcuni spunti sul fondamentale ruolo che la letteratura – intesa come arte raffinata del sapere – ha nell’orientare il mondo (possibile) dell'uomo.
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