Giurisprudenza annotata

4.8. Corte costituz., sentenza 10/10/2008, n. 335 - Inquinamento,risorse idriche


Abstract


La Corte Costituzionale, con la Sentenza n° 335 dell’8/10/2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 comma 1 della c.d. Legge Galli (L. 5 gennaio 1994 n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”) e dell’art. 155 comma 1 primo periodo del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n° 152 (norme in materia ambientale). Quest’ultima disposizione, che aveva sostituito il predetto art. 14, abrogato dall’art. 175 comma 1 lettera u) del citato Dec.leg.vo 152/2006, è stata censurata nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti “anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi”.

Successivamente alla sentenza della Corte Costituzionale ed a seguito di numerose richieste di parere formulate da vari Comuni calabresi, la Corte dei Conti - Sezione Regionale di Controllo per la Calabria – ha di fatto affrontato gli effetti pratici che scaturivano dai principi enunciati dalla Consulta con la sentenza 335/2008. Infatti, con la deliberazione n. 386 del 21/11/2008 la Corte dei Conti ha affermato che “la tariffa del servizio idrico si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell’utente, bensì nel contratto di utenza. Ciò significa che, a fronte del pagamento della tariffa, l’utente riceve un complesso di prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura di servizi di fognatura e depurazione. Ne consegue che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, in quanto componente della complessa tariffa del servizio idrico integrato, ne ripete necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale, il cui ammontare è riferito automaticamente nel contratto.”

Sulla base dei suddetti principi e presupposti, la Corte dei Conti afferma che “appare evidente che, qualora l’utente non dovesse ricevere il servizio di depurazione, ne viene meno il corrispondente corrispettivo rappresentato dalla relativa quota di tariffa. Conseguentemente, l’utente che ha corrisposto al comune l’importo dell’intera tariffa, ha diritto di ottenere il rimborso, tempo per tempo, della quota riferita al servizio di depurazione, sempre che quest’ultimo non sia stato fornito in quanto mancavano o manchino impianti di depurazione o questi erano o siano temporaneamente inattivi, previa domanda di rimborso opportunamente documentata”. L’Amministrazione Comunale, da parte sua, “effettuerà il rimborso, dopo aver verificato, tempo per tempo, la legittimità della richiesta, verificando anche la corrispondenza tra la ricevuta di versamento esibita dall’utente e l’avvenuta corrispondente riscossione da parte dell’utente”.

Appare chiara la portata delle due decisioni in argomento, tenuto conto che moltissimi Comuni italiani, ove manca il depuratore fognario ovvero è temporaneamente inattivo, potrebbero ricevere dai cittadini la richiesta di rimborso della quota riferita al servizio di depurazione.


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