Giurisprudenza annotata

6.3. CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA 4 GIUGNO 2010, N. 195


Abstract


Il Presidente del Consiglio dei ministri impugnato, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, la legge della Regione Lazio 16 aprile 2009, n. 14 (Disposizioni in materia di personale), che prevede che «è fatta salva la qualifica o categoria già attribuita al personale alla data di entrata in vigore della presente legge per effetto dell’applicazione dell’articolo 22, comma 8, della legge regionale 1° luglio 1996, n. 25 (Norme sulla dirigenza e sull’organizzazione regionale) e successive modifiche, purché lo stesso abbia svolto le funzioni o mansioni corrispondenti alla predetta qualifica o categoria, conferite con atto formale ed effettivamente esercitate per almeno un triennio». 
Nel caso in esame la disciplina oggetto di censura concerne i meccanismi di inquadramento dei dipendenti regionali provenienti da altre amministrazioni. Con la legge della Regione Lazio 23 marzo 1988, n. 15 alcune categorie di dipendenti regionali, già inquadrati in base alla corrispondenza fra le qualifiche rivestite nell’ente di provenienza e quelle proprie dell’ordinamento regionale, hanno ottenuto una revisione di tale inquadramento sulla base di un criterio più favorevole fondato sull’anzianità di servizio. Ciò ha prodotto una situazione di asserita «sperequazione» rispetto ai dipendenti che non hanno potuto beneficiare di tale più favorevole criterio di inquadramento, per rimediare alla quale è intervenuto il regolamento n. 2 del 2001, che ha esteso anche al personale in precedenza escluso il diritto di ottenere la revisione del proprio inquadramento, secondo i più favorevoli criteri previsti dalla legge regionale n. 15 del 1988. L’intervento del Tar che ha annullato tale regolamento e gli atti di reinquadramento collegati, ha indotto il legislatore regionale ad approvare la legge n. 14 del 2009, volta a sanare la posizione dei dipendenti regionali «perequati». 
La Corte Costituzionale ha dichiarato fondata la questione sollevata con riferimento al principio del concorso pubblico, di cui all’art. 97 Cost.. Ha dunque dichiarato costituzionalmente illegittima la legge della Regione Lazio 16 aprile 2009, n. 14. 
La facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere «delimitata in modo rigoroso» e le deroghe possono considerarsi legittime solo ove “funzionali alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle». Tali esigenze non sono state rinvenute nel caso in esame. 
La normativa impugnata infatti “nel riconoscere ad un vasto numero di dipendenti regionali l’accesso ad un livello superiore di inquadramento, acquisito in base ad un procedimento di «perequazione» esclusivamente ad essi riservato, rappresenta una deroga al principio del concorso pubblico”, che è la «forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni», le cui deroghe possono trovare “fondamento giustificativo solo nella peculiare natura delle funzioni dell’amministrazione, cioè dei compiti ad essa attribuiti per soddisfare gli interessi della collettività e per la cui realizzazione i dipendenti pubblici sono reclutati. La finalità di perequare trattamenti normativi e retributivi dei dipendenti in servizio risponde ad un interesse strumentale dell’amministrazione e prescinde dalla natura delle funzioni attribuite a tali dipendenti”. Sicchè anche se ravvisabile nella disciplina censurata, la Corte Costituzionale ha ritenuto non è idonea a giustificare il mancato rispetto del principio del concorso pubblico.

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