Saggi e contributi scientifici

Il nuovo che arretra: salari minimi, redditi minimi e di cittadinanza. Costituzione democratica e modelli di mercato del lavoro ordoliberisti ai tempi del diritto sovranazionale


Abstract


L'Unione europea, conformemente alle finalità specificate nell’art.3 par. 3 del TUE (instaurazione del mercato interno, stabilità dei prezzi, economia sociale di mercato fortemente competitiva) ed assunte come prioritarie, ha adottato un’idea di mercato del lavoro c.d. neo-classica ed ordoliberista, condivisa, a livello culturale, da tutti gli economisti e i politici che hanno influenzato la redazione del trattato di Maastricht.

Questa idea di mercato, quale riflesso necessario del raggiungimento del controllo dei prezzi e dell’inflazione, non poteva che essere incentra sulla perfetta flessibilità verso il basso dei livelli salariali, come unico mezzo di riaggiustamento di alterati equilibri di mercato.

Non bisogna dimenticare, infatti, che nell’ambito di una visione neo-classica "Marshalliana", dove non può esistere alcuna crisi congiunturale perché il mercato è capace di dispiegare qualunque meccanismo naturale di riequilibrio, si ritiene che quest’ultimo potrebbe non esplicare i suoi effetti laddove operino resistenze e rivendicazioni sindacali che irrigidiscono distorsivamente il mercato del lavoro.

Ed ecco quindi che dagli attacchi di Spinelli (sotto l'influenza di Einaudi) ai sindacati quali difensori di "interessi sezionali", alle ulteriori argomentazioni aggiunte da von Hayek (per il quale i sindacati, allo stesso modo, sono colpevoli di tenere alto il prezzo dei salari ma i datori di lavoro accettano il compromesso perché tutelati dalle politiche monetarie), von Mises, Lippman, Roepke, Eucken, la tendenza (per non dire la necessità) è quella di ripristinare un concetto di lavoro, come lavoro-merce, assoggettato alle regole della domanda e dell’offerta del mercato esattamente come qualunque altro bene/prodotto/merce.


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Riferimenti bibliografici





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