Saggi e contributi scientifici

L’espansione territoriale degli enti locali in ragione del coefficiente politico delle rispettive collettività: una estrema sintesi del percorso giuridico-storico


Abstract


L’area vasta–Città metropolitana è divenuta un elemento istituzionale della sistematica dei poteri locali, giustificando così il rinnovato vigore degli studi. Tuttavia alcuni orientamenti sembrano non distinguere il profilo di valenza politica dell’istituzione da quello attinente  prettamente all’efficienza dell’azione  gestionale dei servizi  che è tenuta ad esplicare. Nella tematica in discussione non si può e non si deve muovere sulla scia dell’art. 97 Cost., bensì nello spettro del principio fondamentale di cui all’art. 5 Cost., sulla base dell’esigenza di aderire alla sistematica istituzionale accolta dai Costituenti. Le autonomie locali e/o territoriali rappresentano, sin dall’origine dello Stato unitario, enti politici in grado di maturare un proprio indirizzo politico. Da un punto di vista storico, già nella primigenia disciplina organica sui Comuni e Province del T.U. del 1889 si rinviene la disciplina delle aggregazioni comunali, peraltro  già previste nella legge di unificazione del 1865. Il fenomeno è riscontrabile in tutto il periodo liberale sino all’avvento del fascismo  ed è costantemente  presente nei numerosi TTUU succedutisi. E’ estremamente  agevole ricavare come ogni fenomeno aggregativo abbia sempre e costantemente richiesto una manifestazione di volontà della popolazione, che non può non definirsi una manifestazione di adesione politica. Anche nei lavori della Costituente, non fu obliterato il valore di significato eminentemente politico che si ricollegava alla vastità territoriale delle maggiori autonomie locali e si propose anche di introdurre un regime giuridico differente per le grandi conurbazioni di alcuni Comuni, sull’esempio di Londra. Il fenomeno della espansione territoriale in funzione del coefficiente politico delle rispettive collettività non si è arrestato, come dimostra l’istituzione delle Città metropolitane ed oggi la più generale disciplina contenuta nella legge n. 56 del 2014 in materia di unioni e di fusioni di Comuni. Oggi è frequente osservare la riesumazione dell’orientamento soppressivo delle Province, già  ripetutamente posto in discussione in sede di Costituente, avanzando l’ipotesi di sostituire la Provincia con aggregazioni di Comuni. Se la soppressione dell’ente Provincia costituirà la spinta a che i Comuni per zone omogenee ricorreranno ad aggregazioni,  può ritenersi che il coefficiente politico del complessivo sistema dell’autonomia locale non subisca alcuna offesa di incostituzionalità. Rimane però da chiarire il senso più profondo dell’integrale movimento impresso alla realtà delle autonomie locali dalla Costituzione e relative riforme adottate ed adottande; tale movimento ha impresso, per così dire, il capovolgimento della prospettiva (ideologica) nella quale si indirizzava la politica dello Stato liberale, sostituendo al criterio della separatezza quella della cooperazione, nel significato più proprio che gli indirizzi politici, compendio della  autonomia locale, possono anche poter influenzare chi è istituzionalmente preposto alla formulazione dell’indirizzo «supremo» generale, secondo procedimenti di carattere concertativo e/o programmatorio.


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Organizzazione e procedimento

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