Abstract
La sentenza in oggetto interviene su un ricorso presentato dal tenente colonnello L. A. contro il Ministero della difesa, per l’accertamento e la declaratoria di illegittimità del silenzio, assertivamente formatosi sulla domanda di accesso agli atti del procedimento, relativo al giudizio di avanzamento di carriera per l’anno 2007.
L’interessato in data 14 dicembre 2007 chiedeva, ai sensi della legge n. 241/1990, di acquisire la documentazione relativa all’avanzamento del 2007 ed in particolare il verbale della commissione, corredato delle schede di valutazione; i criteri ed i parametri di valutazione adottati dalla commissione per l’assegnazione dei punti da parte di ogni singolo componente ed i computi effettuati; le informazioni contenute in strumenti informatici nonché l’elenco dei tenenti colonnelli promossi.
Decorsi inutilmente i trenta giorni dalla richiesta, ex art. 25, comma 4, ed intendendosi questa respinta, il colonnello L. A. inoltrava ricorso alla commissione per l’accesso ai documenti amministrativi; in data 3 marzo gli veniva consegnato l’esito di accoglimento dell’istanza mentre contestualmente, l’amministrazione gli comunicava il diniego di accesso alla documentazione ed alle informazioni necessarie a far comprendere i criteri ed i parametri adottati dai singoli componenti nonché alle documentazione contenute in strumenti informatici.
Il 10 marzo 2008 veniva recapitata all’interessato comunicazione della possibilità di prendere visione dei documenti richiesti, a questa informazione lo stesso faceva seguire una lettera con la quale informava di prenderne visione il successivo giorno 18 e chiedeva che nella stessa occasione l’amministrazione gli facesse visionare anche la documentazione indicata nella decisione della commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. Invece, il 18 marzo gli veniva concessa la visione e l’acquisizione del verbale, delle schede motivazionali afferenti la sua persona mentre, non gli veniva accordata la visione delle schede dei restanti ufficiali valutati, e l’elenco degli ufficiali promossi. Di conseguenza, l’interessato consegnava nella stessa data al nucleo corrispondenza Persomil una ulteriore istanza con la quale rinnovava la richiesta effettuata in data 14 dicembre 2007. Il 9 maggio 2008 l’amministrazione rendeva noto al ricorrente il nominativo del responsabile e gli rappresentava che “le attività della commissione sono chiaramente descritte nel verbale”, mentre in merito al mancato accesso alle informazioni in strumenti informatici “riferisce che la richiesta appare generica e, in quanto tale, non consente l’individuazione dei documenti cui si vuole accedere”.
Ritenendo che l’amministrazione non avesse provveduto ad ottemperare alla trasmissione dei provvedimenti richiesti, il ricorrente presentava, in data 29 agosto 2008, all’amministrazione, una nuova istanza di acceso sempre ai sensi del richiamato art. 25 legge n. 241 del 1990, mantenendo intatta la richiesta di documenti di cui a quella del 14 dicembre 2007.
Il ricorrente deduce, in punto di diritto, eccesso di potere nonché violazione degli artt. 2, 10, 22, 23 e 25 della legge n 241/1990.
Secondo il giudice amministrativo il ricorso è inammissibile per tardività, carenza di interesse e mancata notifica ad almeno un contro interessato.
La decisione trae origine dal fatto che il 18 marzo 2008, il ricorrente ha esercitato l’accesso ai documenti amministrativi manifestando nella stessa occasione perplessità procedimentali involgenti profili di legittimità del giudizio valutativo passibili di scrutinio esclusivamente nell’ambito di un ordinario processo cognitorio; l’amministrazione gli ha anche comunicato che le attività della commissione erano chiaramente descritte nel verbale redatto in conformità al modello allegato al citato d.m. n. 571/1993 e che le valutazioni sono state effettuate tenendo conto degli elementi oggettivi risultanti dalla documentazione caratteristica e matricolare degli ufficiali così come previsto dall’art. 15, 1 c., del d.lgs. n. 490/1997.
Con riferimento al «mancato accesso alle informazioni contenute in strumenti informatici si ribadisce che la richiesta appare generica e, in quanto tale, non consente l’individuazione del documento cui si vuole accedere». Con riferimento alle «osservazioni relative a graduatorie di ufficiali ordinate in blocchi “formati a tavolino”, a punteggi e a schede motivazionali formulati dalla commissione in modo sostanzialmente uguale e ad esami di libretti personali effettuati in meno di 1 minuto, si precisa che la commissione di avanzamento gode in materia di un’ampia discrezionalità ….”». Inoltre, il ricorrente non ha impugnato il provvedimento datato 30 aprile 2008, del quale ha preso visione il successivo 9 maggio, entro i trenta giorni decorrenti dalla sua piena conoscenza legale, ovvero entro il giorno 8 giugno 2008. Ma, ha scelto di procedere con una nuova richiesta di accesso all’amministrazione il 29 agosto, reiterando la medesima istanza del 14 dicembre 2007. Precisa quindi il giudice amministrativo che la risposta fornita dall’amministrazione, datata 6 ottobre e pervenuta al ricorrente il giorno 23, deve qualificarsi, «per il suo contenuto, atto meramente confermativo, privo di autonoma e rinnovata lesività; con essa, infatti, l’amministrazione si è limitata a precisare i fatti storici riepilogando le fasi del procedimento di accesso fino ad allora svoltesi. A tal proposito si ricorda che l’Adunanza plenaria del Consiglio di stato, 18 aprile 2006 n. 6, ha chiarito che “il diritto di accesso ai documenti amministrativi configura una situazione soggettiva che, più che fornire utilità finali (caratteristica da riconoscere, oramai, non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), offre al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante, caratterizzando la analoga strumentalità dell’azione, al fine di assicurare, al tempo stesso, la tutela dell’interesse ma anche la certezza dei rapporti amministrativi e delle posizioni giuridiche di terzi controinteressati. Ne deriva che l’art. 25, commi 5 e 4 della legge n. 241 del 1990 – che, rispettivamente, fissa il termine di trenta giorni per la proposizione dei ricorsi e qualifica in termini di diniego il silenzio serbato sull’accesso – pone un termine all’esercizio dell’azione giudiziaria da ritenere necessariamente posto a pena di decadenza, con l’ulteriore conseguenza che la mancata impugnazione del diniego nel predetto termine non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego, laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo”.
Il ricorso in esame risulta, infine, inammissibile anche perché non è stata effettuata alcuna notifica dell’atto introduttivo del giudizio ad almeno uno dei controinteressati quali sono i colleghi di cui il ricorrente intende conoscere gli atti.Full Text
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