Abstract
La Provincia autonoma di Bolzano è titolare di potestà legislativa primaria in materia di «assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a mezzo di aziende speciali» (art. 8 n. 19 dello statuto di autonomia). Nell’esercizio di tale potestà essa, per espressa previsione statutaria (medesimo art. 8), deve rispettare gli obblighi internazionali e i vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
Il meccanismo dell’affidamento diretto a soggetti in house, nell’interpretazione che ne ha dato la Corte di Giustizia europea, deve essere strutturato in modo da evitare che esso possa risolversi in una ingiustificata compromissione dei principi che presiedono al funzionamento del mercato e, dunque, in una violazione delle prescrizioni contenute nel Trattato a tutela della concorrenza. In altri termini, tale modello operativo non deve costituire il mezzo per consentire alle autorità pubbliche di svolgere, mediante la costituzione di apposite società, attività di impresa in violazione delle regole concorrenziali, che richiedono che venga garantito il principio del pari trattamento tra imprese pubbliche e private (art. 295 del Trattato CE).
L’art. 3, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12 (Servizi pubblici locali), nel prevedere che il requisito della prevalenza dell’attività dei soggetti in house in favore dell’ente o degli enti pubblici affidanti debba essere verificato «in base al fatturato e alle risorse economiche impiegate», limita la valutazione a dati di tipo quantitativo; tali devono ritenersi, infatti, quelli che, al fine di stabilire se il soggetto in house possa considerarsi “attivo” sul mercato in ragione della rilevanza esterna dell’attività di impresa svolta, attribuiscono valenza esclusiva all’entità del fatturato e delle risorse economiche impiegate. Nella prospettiva comunitaria, invece, è necessario assegnare rilievo anche ad eventuali aspetti di natura qualitativa idonei a fare desumere, ad esempio, la propensione dell’impresa ad effettuare determinati investimenti di risorse economiche in altri mercati – anche non contigui – in vista di una eventuale espansione in settori diversi da quelli rilevanti per l’ente pubblico conferente.
Deve, pertanto, ritenersi che effettivamente il legislatore provinciale abbia indicato criteri di verifica del requisito della “rilevanza dell’attività” meno rigorosi rispetto a quelli enucleati dalla giurisprudenza comunitaria formatasi al riguardo (in particolare a seguito della sentenza Carbotermo dell’11 maggio 2006, in C-340/04), di qui l’illegittimità costituzionale della norma impugnata per violazione delle regole sulla concorrenza poste dal Trattato CE.
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