Abstract
Le cause di esclusione devono considerarsi di stretta interpretazione, sia che siano poste dalla legge, sia che siano contenute nella lex specialis. Alle stesse, pertanto, l’amministrazione è tenuta a dare puntuale attuazione, restando preclusa ogni valutazione discrezionale.
Tale principio, espresso dalla quasi uniforme giurisprudenza amministrativa, risponde alla ratio di evitare che eventuali applicazioni estensive ledano l’affidamento dei partecipanti, la par condicio e l’esigenza di assicurare la più ampia partecipazione alle procedure.
Del pari, in caso di clausole previste a pena di esclusione non è neppure consentito che la stazione appaltante inviti l’impresa ad integrare o regolarizzare la documentazione irregolare, rappresentando l’esclusione un atto dovuto.
In sostanza, la giurisprudenza ritiene che, quando una previsione di legge o del bando sia prevista a pena di esclusione, il criterio formale, che interpreta la clausola secondo il suo contenuto letterale, deve considerarsi prevalente rispetto al criterio teleologico, secondo il quale le irregolarità documentali sono causa di esclusione solo quando ciò risponda ad un apprezzabile interesse dell’amministrazione, volto a garantire la “par condicio” dei concorrenti.
Il criterio teleologico, quindi, ha carattere suppletivo, ed è applicabile solo in caso di incertezze interpretative. Quando, invece, la prescrizione sia univoca, essendo posta, espressamente, a pena di esclusione, essa non può essere disapplicata neanche dal giudice, poiché, diversamente opinando, si consentirebbe al giudicante di sovrapporre le proprie valutazioni a quelle effettuate dall’amministrazione in sede di redazione del bando o della lettera d’invito.
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