Giurisprudenza annotata

9.2. Corte costituzionale, sentenza n. 324/2010


Abstract


Con la sentenza in commento è giunta al vaglio della Consulta la questione relativa alla legittimità Costituzionale delle norme del decreto Brunetta che hanno innovato la disciplina degli incarichi dirigenziali a tempo determinato per soggetti non appartenenti ai ruoli, contenuta nell’art. 19, comma 6, del d.lgs. 165/2001. Il d.lgs. 150/2009 infatti, inserendo con l’art. 40 i commi 6 bis e 6 ter , ha stabilito tra l’altro che le norme inserite nell’art. 19 comma 6 e 6 bis si applicano anche a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 comma 2 e, pertanto, anche alle Regioni. Da qui la questione di legittimità costituzionale sollevata in via principale dalle Regioni Piemonte, Marche e Toscana che hanno lamentato la violazione degli artt. 76, 117, comma 3 e 4, e 119 della Costituzione ritenendo che la norma introdotta dalla riforma Brunetta avrebbe leso la potestà legislativa generale e residuale delle regioni poiché attiene alla materia dell’organizzazione delle Regioni e degli enti pubblici regionali. La Regione Marche aggiunge che il precetto costituzionale sarebbe leso anche perché la norma, nella parte in cui si riferisce agli enti locali, sarebbe riconducibile alla materia dell’organizzazione amministrativa e ordinamento del personale degli enti locali, anch’essa di competenza residuale delle Regioni. Secondo le ricorrenti una legge statale non avrebbe potuto disciplinare nel dettaglio l’acquisizione da parte delle Regioni e degli Enti Locali di dirigenti a tempo determinato non appartenenti ai ruoli senza ledere l’autonomia organizzativa costituzionalmente riconosciuta. 
La Corte Costituzionale ha rigettato tutte le censure riconducendo la norma alla materia dell’ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiché il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni, disciplinato dalla normativa citata, si realizza mediante la stipulazione di un contratto di lavoro di diritto privato. Conseguentemente, la disciplina della fase costitutiva di tale contratto, così come quella del rapporto che sorge per effetto della conclusione di quel negozio giuridico, appartengono alla materia dell’ordinamento civile. 
L’art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione attribuisce, infatti, alla competenza esclusiva della Stato la materia dell’ordinamento civile. In particolare, l’art. 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001 contiene una pluralità di precetti relativi alla qualificazione professionale ed alle precedenti esperienze lavorative del soggetto esterno, alla durata massima dell’incarico (e, dunque, anche del relativo contratto di lavoro), all’indennità che – a integrazione del trattamento economico – può essere attribuita al privato, alle conseguenze del conferimento dell’incarico su un eventuale preesistente rapporto di impiego pubblico e, infine, alla percentuale massima di incarichi conferibili a soggetti esterni (il successivo comma 6-bis contiene semplicemente una prescrizione in tema di modalità di calcolo di quella percentuale). 
Ad avviso della Corte, infatti, tale disciplina non riguarda né procedure concorsuali pubblicistiche per l’accesso al pubblico impiego, né la scelta delle modalità di costituzione di quel rapporto giuridico. Essa, valutata nel suo complesso, attiene ai requisiti soggettivi che debbono essere posseduti dal contraente privato, alla durata massima del rapporto, ad alcuni aspetti del regime economico e giuridico ed è pertanto riconducibile alla regolamentazione del particolare contratto che l’amministrazione stipula con il soggetto ad essa esterno cui conferisce l’incarico dirigenziale. 
La sentenza in commento riveste notevole importanza in quanto confermerebbe in maniera indiretta la disapplicazione dell’art. 110, commi 1 e 2 che disciplina gli incarichi a contratto a tempo determinato dei dirigenti delle Regioni e degli Enti Locali anche in virtù di un recente parere della Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo del Veneto, del 15 Novembre 2010 n. 231 (quindi di pochissimi giorni successiva alla sentenza di cui alla presenta nota). 
Nel parere si sostiene, infatti, che la nuova norma speciale (art. 19 comma 6 d.lgs. 165/2001) in tema di dirigenza statale trovi applicazione anche in tutte le altre amministrazioni pubbliche, con la conseguente inefficacia delle relative norme speciali previgenti, e ciò nell’ottica della riconduzione ad unità della disciplina giuridica . 
L’intento del legislatore risulta sia dalle disposizioni della legge delega 15/2009, il cui art. 6, comma 2, lett. h), che, dettando “principi e criteri in materia di dirigenza pubblica”, ha demandato al legislatore delegato la ridefinizione della “…disciplina relativa al conferimento degli incarichi ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione e ai dirigenti non appartenenti ai ruoli, prevedendo comunque la riduzione, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, delle quote percentuali di dotazione organica entro cui e' possibile il conferimento degli incarichi medesimi”, sia da quelle del D.lgs. N. 150/2009 che, avendo preferito la tecnica della novellazione normativa al testo unico del pubblico impiego, ha dapprima modificato le norme sulla dirigenza statale e, successivamente, esteso l’ambito di applicazione alla dirigenza pubblica alla quale sono dedicate tutte le disposizioni del Capo II. 
Va infine notato che, una lettura costituzionalmente orientata del corpo normativo non potrebbe andare in senso opposto alla tesi dell’intervenuta abrogazione dei commi 1 (dirigenza e alte specializzazioni a tempo determinato) e 2 (dirigenza e alte specializzazioni a tempo determinato extra dotazione organica) dell’art. 110 del TUEL, laddove le ultime pronunce della Consulta (103/2007, 104/2007 e 161/2008) evidenziano la stretta correlazione tra la struttura del rapporto di lavoro della dirigenza e l’effettività della distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione, in chiave strumentale al rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità della p.a. (art. 97 Cost.) e a garanzia del precetto dell’art. 98, comma 1, della Costituzione, secondo il quale i pubblici dipendenti sono al servizio esclusivo della Nazione. 
Secondo l’avviso della Sezione, poi, non costituisce ostacolo a tale interpretazione, l’esistenza dell’autonomia regolamentare in materia di organizzazione e di svolgimento delle funzioni riconosciuta agli enti locali dall’art. 117, 6° comma, della Costituzione, in quanto la materia dell’accesso al pubblico impiego è oggetto di riserva di legge (art. 97, comma 3, Costituzione). 
L’estensione dell’art. 19 comma 6 cit., impone pertanto di rispettare il limite massimo agli incarichi dirigenziali a tempo determinato per soggetti non appartenenti ai ruoli nella misura dell’8% della dotazione organica anche nelle Regioni e negli Enti Locali che comporterà, si ritiene, notevoli ricadute pratiche in quegli enti che nella vigenza del d.lgs. n. 150/2009 abbiano proceduto a conferire incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti esterni esorbitando dalla percentuale prevista.

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