Giurisprudenza annotata

8.6. Consiglio di Stato 2 novembre 2010, n. 7732


Abstract


Con ricorso n. 1647 del 2003, proposto innanzi al Tar Sardegna dal signor S. A.,agente scelto della polizia penitenziaria agiva per l’annullamento dell’atto con il quale l’amministrazione disponeva il collocamento in congedo assoluto del medesimo per infermità ai sensi degli articoli 109 e 110 della L. del 18 febbraio 1963, n. 173, adducendo come vizi: difetto di adeguata motivazione; violazione di legge; erronea decorrenza degli effetti del decreto.

Il giudice di primo grado accoglieva soltanto in parte il ricorso in ordine al terzo motivo di censura, rigettando gli altri due.

Il signor S.A. ricorreva in appello proponendo di nuovo tre motivi di censura: difetto di adeguata motivazione, istruttoria e approfondimento in relazione alla consulenza tecnica, in quanto secondo l’appellante sia la Commissione medica che l’autorità che aveva emanato il provvedimento finale, non avrebbero tenuto adeguatamente conto della documentazione fornita da esso stesso; mancata valutazione della possibilità di altre destinazioni di servizio, per le quali poteva invece sussistere l’idoneità; mancanza di previa comunicazione in ordine alla possibile cessazione del servizio.

Il giudice dichiara l’appello infondato, soffermandosi in particolare sul primo dei due vizi proposti.

In particolare, il Consiglio di Stato specifica che si considera ormai consolidato il pensiero giurisprudenziale secondo cui il giudizio medico legale si fonda su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico discrezionale, che in quanto tali, sono sottratti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo i casi di manifesta irragionevolezza o palese travisamento dei fatti. Per il giudice, nel caso di specie, l’Amministrazione ha compiuto specifici accertamenti che hanno condotto ad una motivata diagnosi, “sicchè non sussistono i dedotti profili di difetto di motivazione e di mancata considerazione delle osservazioni del perito di parte”.

Per ciò che riguarda il secondo vizio il Consiglio di Stato afferma che non esiste nessun vizio di legge.

Infatti la commissione consultiva ha operato nei termini di legge andando a verificare la sussistenza nel dipendente non solo delle attitudini professionali dal cui livello dipende il posto di qualifica ricoperto originariamente, ma anche verificando la sussistenza nel dipendente stesso delle attitudini professionali per ricoprire la più bassa qualifica prevista, in modo da garantire, in caso positivo, la conservazione della posizione professionale. In particolare, il giudice ribadisce che la commissione consultiva si è espressa sulla assoluta inidoneità del signor S.A., escludendo così definitivamente il suo utilizzo anche per mansioni inferiori.

Infine, è stata dichiarata infondata la censura con la quale si lamentava il vizio procedurale, in quanto, secondo il giudice il procedimento avviato era in sé unitario fin dalle prime fasi, prevedendo fin dall’inizio l’accertamento della idoneità o meno della prosecuzione in servizio del signor. S.A.

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