Giurisprudenza annotata

19.10. Consiglio di Stato, Sez. V, 10 settembre 2009, n. 5427


Abstract


Un Comune, all’esito di una procedura di gara per l’affidamento del servizio di trasporto scolastico per gli alunni delle scuole primarie e secondarie del suo territorio e nelle more della stipula del contratto, incarica l’aggiudicatario di effettuare il servizio nelle forme e nei modi previsti nel bando.

A seguito di verifiche e controlli ispettivi svolti dalla Polizia Municipale, però, emerge che il servizio svolto è stato caratterizzato da inadempienze e irregolarità; di qui la decisione di revocare la precedente aggiudicazione, per motivi di interesse pubblico, e di aggiudicare il servizio all’impresa classificatasi al secondo posto della procedura di gara.

L’impresa destinataria del provvedimento di revoca si rivolge, quindi, al Tribunale, che però declina la propria giurisdizione, ritenendo che la controversia appartenga alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; l’impresa adisce allora il T.A.R., chiedendo, previa rimessione in termine per errore scusabile, l’annullamento della determinazione comunale di revoca dell’aggiudicazione.

Il T.A.R. accoglie il ricorso, sulla motivazione che il provvedimento di revoca, pur se espressione dell’esercizio di poteri pubblicistici, non è stato adeguatamente motivato dalla stazione appaltante; tale pronuncia viene, però, impugnata dal Comune.

Il Consiglio di Stato, con la decisione che si esamina, si pronuncia, preliminarmente, sulla  rimessione in termini dell’impresa, reputando condivisibile la scelta del T.A.R. di applicare al caso di specie il principio della translatio iudicii.

L’appartenenza della controversia de qua alla giurisdizione amministrativa è, infatti, tutt’altro che pacifica, posto che il provvedimento impugnato sembra incidere su un rapporto contrattuale in corso di svolgimento: l’errore in cui è incorsa l’impresa è, pertanto, scusabile.

Quanto al secondo motivo di gravame, i Giudici di Palazzo Spada affermano che l’illegittimità del provvedimento di revoca non risiede nell’assenza, in capo all’amministrazione, del potere esercitato, quanto piuttosto nello scorretto esercizio di tale potere, sotto il profilo della  contraddittorietà e del difetto di motivazione.

Nonostante l’intervenuta aggiudicazione, per giurisprudenza consolidata, l’amministrazione resta titolare del potere di revocare d’ufficio o annullare il provvedimento di aggiudicazione, ma tale revoca va adeguatamente motivata, “..con il richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico ed ai motivi di opportunità che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela (C.d.S.,sez. V ,7 gennaio 2009,n. 17).”

Il Comune ha, invece, motivato la revoca con il riferimento ad un giudizio prognostico, ma meramente ipotetico, di incapacità dell’aggiudicataria di espletare il servizio, in considerazione delle irregolarità ed inadempienze riscontrate nel periodo di prova.

Tali inadempienze, però, appartenendo alla fase di esecuzione del rapporto contrattuale di fatto instauratosi con l’impresa, possono dar luogo alla risoluzione di tale rapporto contrattuale ma non fondare l’esercizio di poteri pubblicistici di revoca dell’aggiudicazione.

Alla luce delle considerazioni che precedono, il Consiglio di Stato, rilevata la contraddittorietà ed il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, respinge l’appello proposto dalla stazione appaltante.

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