Giurisprudenza annotata

18.4. Consiglio di Stato, Sez. V, 26 agosto 2009, n. 5082


Abstract


Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Stato torna a fare il punto in tema di in house providing, ed in particolare in merito a talune questioni solo di recente affrontate dalla Corte di Giustizia Europea. Di notevole interesse risulta la parte della pronuncia in cui, mediante il richiamo alla sentenza del Giudice comunitario Coditel Brabant SA (C. Giust. 13 novembre 2008, C-324/07), si chiarisce che, onde soddisfare i requisiti del controllo analogo in caso di affidamento di servizi ad enti intercomunali, non è necessaria la ricorrenza, in capo ad un socio pubblico, di un potere di controllo assimilabile a quello individuale, delineato dai primi due commi dell’art. 2359 c.c., norma concernente i gruppi societari; è semmai sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente dai singoli enti pubblici associati chiamati a deliberare a maggioranza.

Nel prosieguo della sentenza, si conferma l’orientamento ormai monolitico della giurisprudenza amministrativa in tema di rapporti tra ente affidante ed in house provider secondo cui, onde rimanere nell’alveo della legittimità, è necessario che il consiglio di amministrazione della S.p.A. affidataria “in house” non abbia rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514). Risulta quindi indispensabile che le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalità degli enti pubblici soci.


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Riferimenti bibliografici





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