Giurisprudenza annotata

17.3. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, TS, 8 giugno 2009, n.462


Abstract


In una gara a procedura aperta per la realizzazione di un intervento di riqualificazione urbana, consistente in lavori di demolizione e di costruzione di vari fabbricati, da aggiudicarsi al prezzo più basso, l’impresa risultata non aggiudicataria si rivolge al T.A.R., chiedendo l’esclusione dell’impresa aggiudicataria dalla procedura.

La ricorrente asserisce, in particolare, che in capo all’aggiudicataria mancherebbero i requisiti di qualificazione richiesti per la partecipazione alla gara, ed inoltre che nella dichiarazione di subappalto  sarebbe assente la puntuale indicazione delle lavorazioni da subappaltare.

Il Collegio, per fornire risposta al quesito sottoposto alla sua cognizione, esamina il contenuto del   Disciplinare di gara, il quale, quanto al subappalto, pur richiamando la previsione di cui all’art. 118 del d. lgs. n. 163/2009, stabilisce espressamente che: “l’impresa è tenuta a indicare, all’atto dell’offerta, in maniera non generica, ma descrivendo o elencando le tipologie di lavorazioni, le opere che intende subappaltare o concedere in cottimo (es: impianto termico, impianto elettrico, opere da pittore, intonaci, ecc.)”.

Ne deriva che la dichiarazione di subappalto dell’aggiudicataria, nel limitarsi a manifestare il proprio intento di subappaltare “ogni genere di opere e forniture nei limiti di legge” , non può considerarsi conforme alla prescrizione della lex specialis.

Tuttavia, l’indeterminatezza della dichiarazione non è prevista dal disciplinare a pena di esclusione, e dunque non può comportare ex se l’esclusione dell’aggiudicataria dalla gara, ma solo l’impossibilità, per la stessa, di avvalersi del subappalto.

L’ATI aggiudicataria resta, quindi, obbligata ad eseguire in proprio tutte le lavorazioni; perché l’aggiudicazione sia confermata è, tuttavia, necessario verificare che l’impresa possegga adeguate qualificazioni per tutte le tipologie di lavori previste dal bando.

Da tale verifica emerge che, pur essendo l’ATI aggiudicataria, nel suo complesso, astrattamente qualificata per tutti i lavori richiesti dal bando, tuttavia la mandante, qualificata per alcuni lavori, intende eseguire solo lavori appartenenti ad una diversa categoria, mentre la mandataria, che per gli stessi non è qualificata, non può darli in subappalto.

L’aggiudicazione in favore dell’ATI deve essere quindi annullata.

Ciò posto, il Collegio passa ad esaminare la richiesta della ricorrente di essere dichiarata aggiudicataria, subentrando nell’esecuzione del contratto, ovvero di essere risarcita per equivalente.

Sul punto, il Collegio ritiene che la stazione appaltante debba aggiudicare l’appalto alla ricorrente, corrispondendo quanto dovuto per la parte di lavori realizzata dalla ricorrente e offrendo altresì una adeguata somma, a titolo di risarcimento per equivalente, rapportata al guadagno che la stessa avrebbe potuto conseguire ove avesse eseguito anche i lavori non realizzati a causa dell’illegittima aggiudicazione dell’appalto all’ATI.

Resta salva, in ogni caso, la facoltà dell’Amministrazione di considerare preminenti le ragioni di pubblico interesse, adeguatamente motivate, e di optare per il solo - integrale - risarcimento del danno patito.

In questo caso, la stazione appaltante dovrà corrispondere alla ricorrente una congrua somma, ex art. 35 del D.Lg. 80/98, a compenso della mancata esecuzione dell’appalto - cui andranno aggiunti gli interessi al tasso legale, dal momento della decisione al saldo.

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