Giurisprudenza annotata

16.3. T.A.R. Lombardia, BS, II, 12 giugno 2009, n. 1220


Abstract


L’art. 90 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n.544 prevede in termini molto chiari un criterio legale di interpretazione delle offerte, e in caso di discordanza fra l’importo in cifre e quello in lettere fa prevalere quest’ultimo; ciò non per una scelta di carattere arbitrario –per quanto sia dato di comune esperienza che scrivere un importo in lettere richiede maggiore applicazione, e quindi è statisticamente meno soggetto ad errore- ma per un coordinamento con la norma successiva dello stesso articolo, secondo la quale, dopo l’aggiudicazione, la commissione procede al controllo dei prezzi offerti e corregge eventuali errori di calcolo proprio in base alla percentuale di ribasso indicata in lettere.

La partecipante alla gara non aggiudicataria, laddove dimostri di aver titolo al bene della vita sotteso all’interesse pretensivo azionato impugnando l’esito della procedura, ha titolo ad ottenere il risarcimento del danno relativo.

Ove non sia più possibile ottenere l’affidamento dei lavori, la partecipante ha titolo per ottenere il pieno risarcimento per equivalente pecuniario, commisurato non al ritardo nel conseguire il bene della vita, ma all’utile che avrebbe ricavato aggiudicandosi lo stesso, ovvero l’appalto, da liquidare peraltro secondo equità ai sensi dell’art. 1226 c.c.

In mancanza di una prova rigorosa, vale a dire ove non sia dimostrato l’inutilizzo delle risorse aziendali che la concorrente avrebbe destinato ad eseguire l’appalto per cui è causa, il T.A.R. ha ritenuto equo un risarcimento pari al tre per cento dell’importo dell’offerta, in linea con quelli che per comune esperienza sono i livelli di utile assicurati sul mercato per i lavori del tipo in questione (manutenzione stradale). Tale importo, trattandosi di risarcimento, va maggiorato di interessi e rivalutazione.

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