Giurisprudenza annotata

14.6. Consiglio di Stato, VI, 15 maggio 2009, n.3000


Abstract


In tema di pubblici appalti, qualora il ricorrente contesti la propria esclusione dalla gara alla quale sta partecipando sub iudice, il rigetto di tale motivo implica la declaratoria di inammissibilità – per sopravvenuta carenza di interesse – riguardo gli altri motivi di ricorso volti a censurare l’operato della commissione di gara.

Sotto altro profilo, il Consiglio di Stato osserva che è condizione imprescindibile che tutte le imprese che intendono raggrupparsi sottoscrivano il relativo impegno, non essendo ammissibili (se non come avvalimento, ove siano stati rispettati i requisiti di cui all’art.49 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n.163)dichiarazioni contenenti l’impegno “condizionato” dall’eventuale richiesta della Stazione Appaltante.

Da ultimo, i giudici di Palazzo Spada ribadiscono che sebbene non possa ritenersi preclusa, ad una commissione di gara, un’interpretazione finalistica delle clausole del bando, conforme, cioè, alla ratio della procedura concorsuale ed ispirata al principio del favor partecipationis, ciò è possibile solo allorquando una simile operazione ermeneutica non violi i principi di trasparenza e par condicio e risultino ugualmente rispettate le disposizioni riguardanti i requisiti di ammissione o partecipazione alla gara stessa.

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Riferimenti bibliografici





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