Giurisprudenza annotata

14.4. Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 giugno 2009, n. 3404


Abstract


Il Consiglio di Stato, con la decisione n. 3404 del 3 giugno 2009, si pronuncia su alcuni dei tradizionali profili connessi all’impugnazione di un bando di gara.

Il fatto: in una gara per l’affidamento dei servizi di gestione degli archivi cartacei di un ente, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’impresa classificatasi seconda in graduatoria ricorre al T.A.R., impugnando aggiudicazione, bando e disciplinare di gara per manifesta illogicità dei criteri di valutazione dell’offerta economica.

Asserisce il ricorrente che l’applicazione di tali criteri conduce al risultato aberrante di attribuire un punteggio maggiore, per l’elemento prezzo, all’offerta con ammontare economico più elevato.

Il T.A.R., pur non riconoscendo al ricorrente il richiesto risarcimento dei danni, sostanzialmente condivide le censure relative all’illegittimità del criterio di valutazione e accoglie il ricorso.

La sentenza viene appellata, con separati ricorsi che il Consiglio di Stato riunisce, sia dalla stazione appaltante sia dall’aggiudicataria, sulla base dei seguenti motivi:

-          asserita tardività del ricorso al T.A.R., posto che i criteri di valutazione erano contenuti in una clausola del bando che il ricorrente di primo grado, pur ritenendola lesiva, non ha immediatamente impugnato;

-          difetto di interesse del ricorrente di primo grado, sull’assunto che, sottoponendo a prova di resistenza le due offerte, la seconda classificata non sarebbe comunque risultata aggiudicataria della gara, anche ove la stessa avesse conseguito il massimo punteggio per l’elemento prezzo, per insufficienza del punteggio relativo all’offerta tecnica;

-          ordine di trattazione dei ricorsi, non essendo stato previamente esaminato dal T.A.R. il ricorso incidentale presentato dall’aggiudicataria, volto a dimostrare la presenza di cause di esclusione dell’offerta della seconda classificata;

-          non manifesta illogicità della clausola oggetto di censura.

 

Le suddette motivazioni non convincono però il Consiglio di Stato, che respinge gli appelli, compensando le spese in ragione della “novità della questione”.

In primo luogo, il Supremo Collegio ritiene infondata la censura di tardività: richiamando il consolidato orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria con la decisione 23 gennaio 2003, n. 1, secondo il quale la clausola del bando deve essere oggetto di impugnazione immediata solo quando è immediatamente lesiva, i Giudici precisano che l’onere di impugnazione immediata sussiste solo se la clausola impedisce la partecipazione del concorrente alla procedura, se è manifestamente incomprensibile o, infine, se implica oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati.

Non basta, quindi, che la clausola sia illogica per fondare l’onere della sua immediata impugnazione.

In relazione al secondo motivo di ricorso, i Giudici di Palazzo Spada respingono la tesi del mancato superamento della prova di resistenza, accogliendo, invece, le considerazioni espresse dal T.A.R. e ritenendo  pienamente sussistente l’interesse della seconda classificata al ricorso di primo grado.

Ed infatti, quando – come nel caso di specie- venga impugnata una clausola essenziale del bando, l’accoglimento del ricorso di primo grado produce l’annullamento del bando stesso; con la conseguenza che le operazioni di gara vengono rinnovate a partire dal bando e non, come asserito dagli appellanti, dalla sola valutazione delle offerte economiche.  

In ordine al terzo motivo di censura, di stampo più squisitamente processuale, il Collegio ricorda che, per costante giurisprudenza, non vi è una regola generale relativa all’ordine di trattazione del ricorso, dipendendo la scelta dal concreto atteggiarsi dei motivi di ricorso e dell’interesse delle parti.

Infine, i Giudici esaminano il profilo sostanziale della illogicità della clausola del bando “incriminata”.

Premettendo che il potere discrezionale della P.A., in ordine alla fissazione dei criteri di valutazione delle offerte, incontra il solo limite della manifesta illogicità e del travisamento, il Consiglio di Stato ritiene che, nel caso di specie, sussista proprio quella illogicità manifesta che giustifica l’annullamento del bando.

A seguito del recepimento delle direttive comunitarie, operato dal d. lgs. n. 163/2006, è ormai precluso alla stazione appaltante l’uso di criteri di valutazione del prezzo che si basino su medie matematiche o criteri forfettari.

La conclusione è, allora, che, quale che sia il criterio di aggiudicazione prescelto, il risultato dovrà comunque essere, per non incorrere in una censura di illogicità, quello di premiare con un punteggio superiore l’offerta economica di importo complessivamente inferiore.

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