Giurisprudenza annotata

12.10. T.A.R. Lazio, Roma, II Bis, 7 maggio 2009, n.4893


Abstract


L'art. 1, comma 67, della Legge n. 266/2005 (in combinato disposto con l’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006 e anche alla luce della successive deliberazioni dell’Autorità di vigilanza in data 10/01/2007 e 24.1.2008) prevede semplicemente un obbligo impositivo (riconducibile al concetto di “tassa”), per sopperire alle sempre maggiori esigenze finanziarie dell’Autorità di vigilanza senza gravare sulle casse dello Stato, legittimo solo poiché e solo in quanto consente di assicurare ai contribuenti individuati (le imprese partecipanti agli appalti pubblici) un servizio pubblico, volto ad assicurare il rispetto delle regole di gara, e quindi la possibilità di ciascun concorrente di partecipare in condizioni di parità.

La norma, peraltro, non dispone alcun obbligo o onere formale o procedurale a pena d’esclusione dei partecipanti alle pubbliche gare, circa i tempi e le modalità di prova dell'avvenuto pagamento.

Secondo il T.A.R., la legge non potrebbe disporre altrimenti, pena la violazione dei principi di derivazione comunitaria in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, che vedono quale corollario i principi di massima partecipazione alle pubbliche gare e, quindi, di tassatività e previa pubblicità delle cause di esclusione, che possono essere legittimamente apposte dal legislatore nazionale, ovvero dalle singole stazioni appaltanti mediante una espressa clausola del bando, solo ove sorrette da un apprezzabile interesse pubblico nazionale riferito allo svolgimento della gara, ovvero alla successiva esecuzione del contratto, ovvero alla garanzia di par condicio dei concorrenti, purché alla stregua di canoni di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità.

La norma di legge sopra illustrata tutela, invece, un interesse erariale a contenuto economico-finanziario, connesso alle esigenze di copertura delle spese (generali e di funzionamento) dell’Autorità di vigilanza, e traduce tale interesse in una nuova imposizione di carattere fiscale a carico delle imprese interessate, mediante la pretesa sostanziale all’ottenimento del pagamento a pena di esclusione dalla gara.

La previsione della medesima norma, viceversa, non si traduce né può tradursi, in conformità ai descritti principi comunitari e costituzionali ed all’ormai consolidata giurisprudenza in materia di possibilità di regolarizzazione degli oneri fiscali e di bollo (per molti versi analoghi al contributo in esame), nella previsione di filtri formali (quali l’obbligo di allegazione della ricevuta del pagamento fin dal primo deposito della documentazione amministrativa) insuscettibili di regolarizzazione formale e quindi capaci di causare l’esclusione di imprese che comunque adempiono al previsto onere contributivo e che sono inoltre in possesso dei prescritti requisiti economici e professionali, e che consentirebbero dunque di estendere la competizione per la scelta della migliore offerta.

Il quadro normativo sopra ricostruito non può essere modificato dall’orientamento espresso dall’Autorità di Vigilanza, le cui pronunce, ricorda il T.A.R., non hanno valore normativo e, se configgenti con il diritto comunitario, deve essere disapplicato.


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