Giurisprudenza annotata

28.6. T.A.R. LAZIO, SEZ. III, 12 DICEMBRE 2009, N. 12387


Abstract


Il comma 1, lett. c) dell’art. 38 preclude la partecipazione alle gare d’appalto (e la stipulazione dei relativi contratti) ai soggetti “nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”; il successivo comma 2 stabilisce che “il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione”.

È allora evidente che, mentre la causa di esclusione contemplata dalla menzionata lett. c) richiede un’attività valutativa in ordine alla gravità del reato, finalizzata a verificare se lo stesso possa o non incidere sulla moralità professionale del concorrente, l’accertata sussistenza del mendacio, comporta, almeno per la normativa nazionale, l’automatica decadenza dai “benefici” (nella specie, l’aggiudicazione) e l’impossibilità di contrattare con l’amministrazione per un anno (cfr. art. 38, comma 1, lett. h, cod. contr.; la disposizione va letta in collegamento con l’art. 27, comma 2, lett. s, d.P.R. n. 34 del 2000, che prevede l’iscrizione nel casellario di “eventuali falsità nelle dichiarazioni rese in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, accertate in esito alla procedura di cui all’articolo 10, comma 1-quater, della Legge”).


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