Saggi e contributi scientifici

Nota a sentenza del 15 luglio 2010 della Corte di giustizia europea (causa C-271/08)


Abstract


SOMMARIO: Premessa 1. Il quadro di riferimento; 2. L’oggetto della decisione; 3. Il contesto normativo; 4. Il percorso argomentativo della Corte; 5. I precedenti della sentenza C-271/2008 e le prospettive della contrattazione collettiva nell’ambito dei regimi previdenziali nazionali; 6. Il ruolo delle parti sociali e la sentenza C-74/2009; 7. Prospettive applicative; 8. Conclusioni. 



1. Premessa. 
Il processo d’integrazione europea presuppone la conciliabilità tra libertà e diritti fondamentali sanciti dal diritto comunitario. 
L’interpretazione della Corte di giustizia europea in merito è considerata molte volte orientata da una prospettiva in cui la concorrenza diventa elemento preminente. 
Il presente lavoro è finalizzato alla ricerca di una possibile diversa ricostruzione sistematica della giurisprudenza comunitaria. 
Si cercherà di valutare se i vari arresti della Corte di Lussemburgo si prestino a un’interpretazione in cui il contemperamento delle libertà economiche con i diritti fondamentali non si traduca necessariamente in una compressione di questi ultimi; se, quindi, di là da una valutazione sulla singola sentenza non emerga invece un quadro d’insieme in cui la contrattazione non sia compromessa ma esaltata e in cui la stessa autonomia collettiva sia considerata come uno strumento alternativo per raggiungere le stesse finalità generalmente conseguite attraverso la disciplina pubblicistica. 
In altri termini, si tenterà di verificare se alla contrattazione collettiva non sia attribuita, soprattutto nell’ambito della previdenza complementare, oltre alla funzione esplicita di derogare alla libertà di stabilimento e di concorrenza anche quella implicita di conciliare le istanze sociali con le libertà fondamentali. 
In tale prospettiva la contrattazione potrebbe diventare uno strumento pienamente equiparabile all’intervento pubblico del legislatore, che sembra, poi, essere idoneo a derogare al principio di tutela della concorrenza limitando quindi alcune libertà fondamentali. 
La contrattazione come strumento derogatorio e luogo di sintesi d’interessi alternativo alla legislazione pubblicistica implica anche un diverso rapporto tra fonti, ovvero una diversa commistione tra gli elementi delle stesse, creando cosi un’interrelazione più adatta alla complessità dei fenomeni da regolare e alle plurali finalità da conseguire, tanto da potersi quasi identificare, nell’ambito di una struttura comunitaria basata sul modello della sussidiarietà, un sistema di fonti in cui per determinate materie la capacità di deroga dello strumento contrattuale nei riguardi di alcune libertà fondamentali sembra attribuire un ruolo prioritario alla contrattazione collettiva. 
Corollario di tale nuovo o, quantomeno, diverso rapporto tra fonti è anche l’attribuzione ai soggetti “legittimati alla contrattazione” collettiva di funzioni fino a oggi attribuite a organi pubblici. 
Questa ulteriore attribuzione di funzioni incontra, però, gli stessi limiti e le stesse possibili distorsioni connesse, per esempio, a un’attribuzione di competenza pubblica, con la conseguenza che l’intervento delle parti sociali risulta prioritariamente prefigurato secondo una dimensione necessariamente nazionale, coincidente il più possibile con una disciplina a efficacia generalizzata e totalizzante che impedisca tentazioni localistiche. In tale prospettiva, la funzione della contrattazione collettiva nazionale appare esaltata, diventando lo strumento attraverso cui garantire un processo di osmosi che garantisca l’omogeneizzazione dei livelli di tutela e delle prestazioni per i lavoratori.

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