Giurisprudenza annotata

5.6. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV, 13 MAGGIO 2010, N. 2917


Abstract


La sentenza in commento ha ad oggetto l’impugnazione della sentenza del Tar Liguria. Il Consiglio di Stato prima di entrare nel merito ricostruisce tutta la vicenda. 
In particolare, il Comune di Sanremo con un provvedimento del 28 marzo 2001 rilasciava alla società I. la concessione edilizia per l’esecuzione di lavori di sistemazione e riqualificazione del piano sottotetto dell’albergo D.A., con destinazione ad alloggio di civile abitazione. 
Contro tale decisione del comune le società C.-I. e G.H. [amp] D.A. rispettivamente gestore dell’azienda alberghiera e proprietaria dell’edificio, inoltravano al comune stesso degli esposti per ottenere l’adozione in via di autotutela di provvedimenti di annullamento di tale concessione. 
Il comune, dopo aver avviato un procedimento di revisione della concessione, con il provvedimento n. 788 del 11 novembre 2005 riconfermava la piena validità della concessione. Tale provvedimento veniva impugnato innanzi al Tar Liguria a cui veniva chiesto di dichiarare la decadenza della concessione edilizia del 28 marzo 2001 a seguito del mancato inizio dei lavori nei termini stabiliti. Inoltre, con altro ricorso, la società C.-I. chiedeva l’annullamento dei titoli formatisi sulle D.I.A. 
Il Tar accoglieva in parte le richieste degli appellanti considerando legittimo provvedimento n. 788 del 2005 nella parte in cui non dichiarava la decadenza della concessione edilizia in contestazione, però nello stesso tempo lo dichiarava illegittimo nella parte in cui riteneva insussistenti i presupposti per l’annullamento d’ufficio del titolo ad aedificandum. 
Tale sentenza è sta impugnata dalla società B. (subentrata alla società I.) che ha eccepito in primo luogo la mancata dichiarazione da parte del giudice di primo grado della inammissibilità del ricorso proposto dalle società C. – I. e G.H. [amp] D. A. ed, inoltre, ha denunciato l’erroneità delle statuizioni del giudice rispetto alla sussistenza delle condizioni per l’autoannullamento del titolo concessorio. 
Anche le società C. – I. e G.H. [amp] D. A. si sono costituite nel presente grado di giudizio contestando con controricorso i motivi del gravame principale e, con contestuale atto d’appello incidentale, hanno impugnato la sentenza del Tar nella parte in cui non dichiarava la decadenza della concessione edilizia. 
Per il Consiglio di Stato l’appello principale è fondato. In particolare, il giudice specifica che il Tar pronunciandosi sulla legittimità del provvedimento n. 788/2005 aveva censurato tale determinazione per due ordini di motivi: per non aver tenuto conto, in violazione dell’art. 21, nonies, legge 241/90, dell’interesse dei due soggetti richiedenti l’annullamento d’ufficio; e per essere stata la valutazione sottratta all’analisi della commissione edilizia integrata. 
Per il Consiglio di Stato non solo dette statuizioni si mostrano errate, ma continua osservando che il ricorso di primo grado, volto ad ottenere l’annullamento d’ufficio della concessione edilizia, presenta due profili di inammissibilità non rilevati dal Tar. 
In primo luogo, il titolo ad aedificandum rilasciato il 28 marzo 2001 non risulta impugnato nei termini dalle società interessate, per cui queste sono venute meno ad un loro preciso onere: quello di contestare giudiziariamente il provvedimento considerato lesivo nei termini e nelle forme previste dalla normativa processuale. 
In secondo luogo, anche se l’esercizio di potere di autotutela permette alla P.A. di riesaminare gli atti adottati, ciò può essere effettuato solo se ci sono nuove circostanze sopravvenute, o se c’è un diverso apprezzamento della situazione preesistente e, comunque il riesame deve essere effettuato in tempi ragionevolmente brevi. 
Trascurando questi due profili di inammissibilità il collegio ritiene comunque erronee le argomentazioni utilizzate dal Tar per mostrare la sussistenza dei presupposti per l’annullamento d’ufficio. Secondo il Tar, infatti, l’interesse dei denuncianti all’annullamento dell’atto concorrerebbe a definire l’interesse pubblico all’esercizio di autotutela, questo modo di ragionare per il collegio andrebbe contro a quanto elaborato fino ad ora dalla consolidata giurisprudenza e a quanto previsto dall’art. 21 nonies legge 241/90. 
Per il Consiglio di Stato del resto, anche grazie all’ampia motivazione fornita dall’amministrazione, la decisione del comune di Sanremo di confermare la validità e l’efficacia della concessione edilizia appare adottata correttamente e sicuramente immune dai rilievi operati dal Tar. Per questo l’impugnata sentenza deve essere riformata. 
Inoltre, le società C. – I. e G.H. [amp] D. A. impugnavano la sentenza del Tar nella parte in cui questo respingeva la censura riguardante l’avvenuta decadenza della concessione edilizia a causa del mancato inizio dei lavori nei termini stabiliti. Secondo il Consiglio di Stato tale motivo di gravame non risulta convincente, infatti, come ammesso dalle stessi appellanti incidentali, la società I. in data 26 marzo 2002 comunicava alla Asl l’inizio del lavori, ma a tale comunicazione secondo le denuncianti non aveva fatto seguito alcuna attività edilizia. Sotto tale profilo il Consiglio di Stato condividendo la decisione assunta dal Tar dichiara che quest’ultima condizione decisiva non risulta essere concretamente provata, per questo non è possibile rinvenire l’assenza dell’attività edilizia nei termini stabiliti. 
Privo di fondamento appare infine il secondo motivo di appello con cui veniva dedotta la violazione dell’art. 10 bis legge 241/90 per mancato invio della comunicazione di rigetto. Per il giudice infatti tale vizio procedurale non sussiste in quanto il procedimento di tipo garantistico è stato in realtà attivato con la comunicazione ex art. 7 legge 241/90 permettendo anche in questo caso alle società interessate di interloquire con l’amministrazione

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