Giurisprudenza annotata

3.6. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, 17 OTTOBRE 2008, N. 5098


Abstract


Dalla sentenza:

"Nel rispetto del principio basilare sancito dall’art. 2697 c.c., secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda, si è affermato, in linea generale, che ai fini del risarcimento dei danni provocati da illegittimo esercizio del potere amministrativo il ricorrente debba fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non all’allegazione dei fatti (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 30 luglio 2007, n. 10; sez. VI, 2 marzo 2004, n. 973)".

"E' inammissibile e comunque infondata la domanda risarcitoria formulata in maniera del tutto generica senza alcuna allegazione dei fatti costitutivi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 306 Quando il soggetto onerato della allegazione e prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito.

Orbene mentre nel caso di accertamento di danni non patrimoniali l’unica forma possibile di liquidazione è quella equitativa, per quelli patrimoniali è vero il contrario, specie se subiti da imprese nell’esercizio della propria attività".

 

"Il mancato guadagno dell’utile d’impresa corrispondendo al c.d. interesse positivo (quale interesse all’esecuzione del contratto), a rigore non potrebbe mai essere risarcito in una fattispecie di responsabilità precontrattuale; il sistema della responsabilità precontrattuale mal si presta ad essere utilizzato per chiedere il risarcimento dei danni che in via meramente presuntiva si sarebbero evitati o dei vantaggi che si sarebbero conseguiti con la stipulazione ed esecuzione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2007, n. 5174; sez. V, n. 7194 del 2006 cit.; sez. V, 10 ottobre 2006, n. 6026; Cass., sez. I, 26 maggio 2006, n. 12629)".

 

"Nel processo amministrativo non sono ammissibili domande di condanna generica ex art. 278 c.p.c. (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2004, n. 942), il ricorso alla c.d. <> di liquidazione del danno postula che sia stata accertata l’esistenza del danno stesso e che il giudice sia in grado di individuare i criteri generali che saranno di guida per la formulazione dell’offerta da parte della p.a. E’ evidente pertanto che il meccanismo processuale divisato dal menzionato art. 35 non può essere strumentalizzato per eludere l’obbligo di allegazione dei fatti costitutivi del proprio diritto.

Alle stesse conclusioni si giunge in relazione all’utilizzo, da parte del giudice, della c.t.u. che non è mezzo di prova in senso proprio e non può supplire all’onere probatorio della parte (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2005, n. 1563; sez. IV, 6 luglio 2004, n. 5012)".


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